Un giorno, si racconta, Confucio partecipò a un rito e nonostante si comportasse con dignitosa compostezza, dopo la conclusione della cerimonia si ritirò in solitudine. I suoi discepoli gli chiesero il motivo della sua reclusione volontaria ed egli rispose di essersi accorto che durante il rituale la sua respirazione si era alzata. Gli antichi respiravano con i talloni; una respirazione “alta” era il segno di una padronanza imperfetta.
Respirare vuol dire rivelare. Respirando, riveliamo facilmente a un osservatore attento quale sia il nostro stato d’animo interiore: se siamo in tensione, se siamo preoccupati o rilassati, se siamo felici o eccitati.
Tuttavia, tramite il controllo della respirazione possiamo riguadagnare rapidamente padronanza di noi stessi nel caso in cui siamo agitati. Alcune tecniche di respirazione ci aiutano a rilassarci, a prendere sonno la notte nel caso in cui si sia insonni, a rallentare il battito cardiaco e (fondamentale ora, in tempi di Covid) a ossigenare, e quindi nutrire, muscoli, fibre, organi del corpo.
Se non pensate che la respirazione sia poi così importante provate a farne a meno per cinque minuti! I maestri, i monaci e i guaritori del passato arrivarono tutti alla stessa conclusione: respirare è molto più che inalare ed espirare. Nella sua forma fondamentale è un’interazione primaria con il mondo. Respirare è il primo interscambio con l’ambiente, con il mondo. È la prima forma di comunicazione, che si traduce nel grido del neonato, il primo atto come essere umano, la prima attestazione dell’essere giunto in questo mondo. Introduciamo l’aria intorno a noi (tian qi, il respiro del cielo), la teniamo dentro di noi per un momento, e dopo averla mescolata con il nostro sangue e la nostra essenza, la restituiamo all’esterno, aggiungendo il nostro contributo.
Osservando il processo della respirazione i saggi cinesi dedussero la storia della vita umana. Iniziamo respirando nel grembo. Attaccati al cordone ombelicale il nostro addome si dilata con le inalazioni della madre che ci mandano l’ossigeno vitale. Al momento della nascita avviene un cambiamento radicale. I cinesi chiamano questo cambiamento “dopo il cielo”, mentre la fase precedente la nascita è “prima del cielo”. Durante la transizione tra questi due stadi, il neonato respira profondamente e pienamente per la prima volta. Un neonato riesce a urlare una notte intera, un’impresa che un uomo non riuscirebbe a emulare.
Con il passare del tempo la respirazione si alza e va a espandere la cassa toracica. Spingere il petto in fuori è metaforicamente un gesto di forza e di coraggio, è il segno distintivo del giovane adulto. A questo stadio, però, il respiro comincia a perdere profondità. Mentre si invecchia, il respiro diventa sempre più superficiale e limitato, cosa che induce ad accumulare tensione nelle spalle e a incurvare la schiena. Il processo continua fino a che non esaliamo l’ultimo respiro.
Dal momento della nascita respiriamo. Possiamo imparare a leggere e interpretare la respirazione degli altri e a monitorare la nostra. Possiamo «inviare» il respiro all’interno del nostro corpo e osservarne consapevolmente i progressi. È uno studio che dura tutta la vita, dato i cambiamenti della nostra respirazione scrivono la nostra stessa storia personale.